Malattie parodontali

Le malattie parodontali sono patologie dell’apparato di supporto del dente (parodonto), caratterizzate da infiammazione che può limitarsi alla parte marginale gengivale o progredire con formazione di tasche parodontali, dare origine a mobilità dentaria, riassorbimento dell’osso alveolare e determinando, negli stadi più avanzati, la perdita degli elementi dentari.

Gengivite

La gengivite è una patologia infiammatoria dei tessuti molli di sostegno dei denti che riconosce un’eziologia multifattoriale essenzialmente batterica con l’interazione di tre cofattori principali: suscettibilità dell’ospite, fattori ambientali e fattori comportamentali.

La placca, infatti, pur essendo condizione necessaria, risente del ruolo indispensabile dell’interazione con l’ospite. A dimostrazione di ciò vi è il fatto che, in presenza di uguali quantità e qualità di flora batterica, la reazione individuale non è sovrapponibile tra soggetti diversi.

I criteri clinici che contraddistinguono la gengivite sono: edema, ipertrofia, eritema e sanguinamento.

La gengivite, se trattata, è reversibile e, escludendo quadri clinici particolari (parodontite giovanile aggressiva), nell’adolescenza la gengivite non evolve in parodontite.

Parodontite

La parodontite (nel linguaggio comune conosciuta come “piorrea”) è un processo patologico di natura infiammatoria che, partendo dal margine gengivale, si estende progressivamente e coinvolge tutti i tessuti che formano il parodonto. Questo stato di infiammazione, nei soggetti geneticamente predisposti, è in grado di ledere l’attacco parodontale che funge da supporto al dente e da barriera al passaggio di batteri. Conseguentemente provoca riassorbimento dell’osso alveolare e la formazione di un recesso patologico tra gengiva e dente che prende il nome di tasca parodontale. 

La tasca parodontale si approfondisce gradualmente distruggendo progressivamente i tessuti di sostegno del dente sino alla mobilità dello stesso e portando, allo stadio terminale, alla perdita dell’elemento dentario. 

La parodontite è sempre preceduta dalla gengivite; di conseguenza, la prevenzione della gengivite risulta essere un’efficace prevenzione della parodontite.

La parodontite risulta reversibile se viene diagnosticata nelle sue prime fasi e curata. Con il progredire della malattia, misurata principalmente come progressione della perdita di attacco parodontale, la possibilità di recupero diventa più difficile e richiede trattamenti più complessi come la terapia rigenerativa dell’osso. Il recupero in questi casi è generalmente parziale.

Fattori di rischio per le malattie parodontali

Placca battericaLa placca è una biopellicola, non facilmente rimovibile, presente sulla superficie dei denti.

Le biopellicole sono formate da comunità complesse di specie batteriche che risiedono sulle superfici dentali o sui tessuti molli. Un numero compreso tra 400 e 1000 specie è in grado di colonizzare le biopellicole orali. In queste comunità microbiche si possono osservare associazioni tra batteri specifici dovute a relazioni sinergiche o antagoniste, alla natura delle superfici disponibili o alla disponibilità dei nutrimenti.

La colonizzazione delle superfici dentali da parte dei batteri è riconosciuta come il fattore eziologico chiave per lo sviluppo della gengivite.

La formazione della placca sulla superficie dentale rappresenta un processo dinamico e ordinato che ha inizio con l’attacco dei batteri che formano la placca primitiva. L’azione di tali microrganismi sembra essenziale per dare avvio alla fase successiva di penetrazione degli altri germi che conducono all’aumento nel corso del tempo della massa e della complessità della placca. Se lasciata indisturbata, la placca sopragengivale raggiunge un livello quantitativo e qualitativo di complessità batterica incompatibile con lo stato di salute gengivale e la gengivite ne è la conseguenza.

La placca sopragengivale è esposta alla saliva e ai meccanismi di detersione naturale propri della cavita orale, ma meccanismi sono in grado di eliminare i detriti di cibo, non rimuovono in modo adeguato la placca dentale.

Fattori genetici e familiariL’ereditarietà gioca un ruolo importante in almeno la metà dei pazienti affetti da malattia parodontale.

I fattori ereditari interessati sono solitamente difetti minori della risposta immune e contribuiscono a spiegare perché i figli di genitori affetti da malattia parodontale sono 12 volte più a rischio di essere colonizzati da batteri parodontopatogeni.

I batteri responsabili della malattia parodontale si trasmettono per via orale. Per questo motivo l’American Academy of Periodontology raccomanda di sottoporre a visita parodontale accurata tutti i membri della famiglia, se uno di loro ne è affetto.

Tartaro – Facilita la ritenzione di placca maggiormente patogena e tossine che contribuiscono all’insorgenza della parodontite e alla conseguente perdita di attacco gengivale.

Fumo – Diversi studi confermano che il fumo è il primo fattore di rischio ambientale per la gengivite e la malattia parodontale. Più si fuma, maggiore è il rischio di sviluppare la malattia, per di più in forma grave.

Il fumo è in grado di causare recessione gengivale e riassorbimento osseo anche in assenza di malattia parodontale.

Patologie sistemiche – Il diabete insulino-dipendente, la sindrome di Down, l’artrite reumatoide, l’infezione da HIV sono patologie che rendono l’individuo più suscettibile alle affezioni parodontali.

Le malattie parodontali, responsabili di una situazione di infiammazione cronica con rilascio di mediatori infiammatori in circolo, possono rappresentare, un fattore di rischio per le patologie cardiovascolari, il diabete, il parto pretermine e la nascita di neonati di basso peso rispetto all’età gestazionale. 

Farmaci – Taluni farmaci come gli steroidi, le ciclosporine, i contraccettivi orali, i calcio antagonisti, ecc possono modificare le manifestazioni delle malattie parodontali.

Terapia parodontale non chirurgica

La terapia meccanica non chirurgica è la base del trattamento delle malattie parodontali e consiste nella pulizia, attraverso strumentazione meccanica, sopra e sotto il livello della gengiva e delle superfici radicolari.

Mi è stata diagnosticata una parodontite, cosa devo fare?

I pazienti che hanno avuto diagnosi di parodontite devono seguire un programma di sedute mirate al trattamento dei siti più colpiti dal riassorbimento osseo e, più in generale, alla rimozione della placca e del tartaro sopra e sotto gengivale.

La strumentazione subgengivale comporta una marcata diminuzione della profondità delle tasche e del sanguinamento al sondaggio rispetto al solo controllo di placca sopragengivale.

Il trattamento meccanico dell’infezione, se effettuato correttamente, ha gli stessi risultati usando strumenti manuali, a ultrasuoni e sonici.

Con pazienti collaboranti, i risultati auspicati includono:
 – riduzione del sanguinamento al sondaggio;
 – riduzione della profondità di sondaggio.

I possibili effetti collaterali del trattamento possono essere:
 – recessione gengivale;
 – ipersensibilità dentale;
 – batteriemia transitoria.

La maggior parte dei pazienti affetti da parodontite, con corretto controllo di placca, può essere trattata con successo con terapia non chirurgica se associata a un buon livello di igiene domiciliare.

Nella parodontite cronica, non c’è una differenza significativa con un approccio non chirurgico “full mouth” (trattamento di tutta la bocca in una sola seduta o in due sedute entro 24 ore), “full mouth disinfection” (trattamento di tutta la bocca e delle nicchie batteriche, lingua, tonsille, più uso di antisettici in una sola seduta o in due sedute entro 24 ore) o a quadranti (parti diverse della bocca trattate in più sedute).

Quando è necessario intervenire chirurgicamente?

La terapia parodontale chirurgica può essere presa in considerazione, dopo una prima fase di trattamento non chirurgico, quando permangono tasche profonde con sanguinamento al sondaggio, per correggere i difetti di morfologia, posizione e/o quantità dei tessuti molli parodontali.

 Il fine è migliorare la prognosi degli elementi dentari attraverso la riduzione degli indicatori di rischio delle malattie parodontali e facilitare il mantenimento di una corretta igiene orale per il futuro.

La terapia chirurgica deve, quindi, essere considerata un mezzo aggiuntivo alla terapia meccanica non chirurgica per pazienti selezionati.

Pazienti che non abbiano imparato a gestire ottimamente il controllo di placca, oppure pazienti fumatori, non possono essere candidabili per questo tipo di trattamento.

Igiene orale domiciliare

Il fondamento su cui poggia il controllo dell’igiene orale è rappresentato dalla rimozione della placca, eseguita con regolarità usando lo spazzolino da denti, manuale o elettrico (oscillante, oscillante-rotante, sonico, ecc).

Una pulizia dentale meccanica regolare mira a mantenere un livello di placca quantitativamente e qualitativamente compatibile con la salute gengivale.

Inoltre, può modificare a lungo termine sia la quantità sia la composizione della placca sottogengivale, senza che si abbia “perdita di attacco”, senza cioè creare una diminuzione del sostegno che l’osso offre alle radici dei denti.

È ormai assodato che il mantenimento di uno stato elevato di pulizia a livello della bocca previene, o riduce, la progressione della parodontite. 

Quante volte al giorno ci si deve lavare i denti?

Tutt’oggi non c’è consenso sulla frequenza ottimale di spazzolamento dei denti, così come quanta placca sia necessario rimuovere per prevenire lo sviluppo di carie e malattie parodontali. Da un punto di vista pratico, si raccomanda, di solito, di spazzolare i denti almeno due volte al giorno. 

La pulizia dentale è largamente influenzata dall’abilità del paziente.

L’uso dello spazzolino da denti, manuale o elettrico, rappresenta attualmente lo strumento maggiormente impiegato per rimuovere la placca dentale.

Il suo corretto uso rappresenta una misura di igiene orale e di prevenzione insostituibile per la salute dei denti naturali (o di quelli in sostituzione) e del loro apparato di supporto, a qualsiasi età.

L’igiene orale domiciliare è un presidio insostituibile per contrastare la perdita degli elementi dentari. 

Un’adeguata igiene orale è una sfida per tutte le persone, specialmente per quelle anziane. 

La scarsa igiene della bocca comporta l’insorgenza di carie, gengiviti, periodontiti, infezioni delle mucose e perdita dei denti.

Le persone in età avanzata hanno, generalmente, un grado di igiene orale insufficiente.

Condizioni predisponenti sono l’alterata architettura dento-gengivale con presenza di superfici concave, recessioni gengivali, esposizione di forcazioni, restauri incongrui.

Condizioni determinanti sono la diminuzione dell’acuità visiva, la minor abilità manuale all’uso dello spazzolino e dei presidi interdentali, la sarcopenia (perdita di forza muscolare), l’incapacità di ricordare i compiti della vita quotidiana. 

L’igiene orale domiciliare – specie nel soggetto in età avanzata – deve essere personalizzata secondo un modello comportamentale individualizzato, secondo le capacità/possibilità di autocura delle singole persone.

È sufficiente lo spazzolino per attuare correttamente le manovre di igiene domiciliari?

Il controllo del biofilm orale negli spazi interdentali mediante strumenti appositi è necessario in tutti i soggetti adulti, specialmente nei portatori di manufatti protesici inamovibili.

Le superfici interprossimali dei premolari e dei molari sono quelle dove residua maggiormente la placca dentaria. Nei soggetti adulti, queste aree sono quelle più esposte all’insorgenza sia di carie che di malattie parodontali.

Strumenti idonei di igiene orale, in grado di accedere a questi spazi, sono necessari per integrare l’uso dello spazzolino da denti. Per quanto il filo interdentale sia la metodica più diffusa per la pulizia degli spazi interdentali, ciascun soggetto necessita dell’ausilio più corretto in rapporto alla grandezza degli spazi prossimali, alla presenza di manufatti protesici, all’abilità manuale e alla sua compliance (spazzolini monociuffo, scovolini, irrigatori orali).

Come gestire l’igiene delle protesi rimovibili?

Nei soggetti adulti, portatori di manufatti protesici rimovibili, è fortemente consigliata la scrupolosa igiene quotidiana degli stessi. 

L’inadeguata pulizia delle protesi rimovibili (i materiali con cui sono fatte e il loro uso continuativo favoriscono il rapido sviluppo di biofilm e placca contenenti batteri, lieviti e funghi), oltre a mantenere condizioni anaerobiche a basso pH tra la base protesica e la mucosa, può creare situazioni di macerazione della stessa e dare luogo allo sviluppo di infezioni da Candida sottoprotesiche.

Queste condizioni, oltre ad eventuali traumatismi sui denti di appoggio, amplificano la possibilità di perdita degli elementi dentari residui e la perdita di salute delle mucose sulle quali la protesi poggia.

Istruzioni specifiche di pulizia e l’uso di sostanze disinfettanti presenti in commercio sono consigliabili per la sanificazione delle protesi. 

Il personale dello studio sarà a vostra disposizione per consigliare i metodi di igiene più consoni per ogni paziente.

Prevenzione in odontoiatria

La prevenzione è una pietra miliare del successo della gestione dentale e viene attuata ponendo l’attenzione sull’educazione del paziente tramite consigli dietetici, controllo della placca, uso di fluoro topico e sigillo dei solchi dentali.

La figura professionale dedicata specificamente alla prevenzione odontoiatrica è quella dell’ igienista dentale. 

Il suo compito principale consiste nel mantenimento della salute e nella prevenzione delle malattie del cavo orale: svolge attività di educazione sanitaria dentale e partecipa a progetti di prevenzione primaria nell’ambito del sistema sanitario pubblico, collabora alla compilazione della cartella odontostomatologica e alla raccolta di dati tecnico-statistici, fornisce istruzioni sulle varie metodiche di igiene orale e motiva l’esigenza dei controlli clinici periodici, indica le norme di un’alimentazione razionale ai fini della tutela della salute dentale e provvede all’ablazione del tartaro e alla levigatura delle radici con l’utilizzo di vari mezzi profilattici.

La salvaguardia dei denti naturali rappresenta lo scopo principale di qualsiasi intervento preventivo o terapeutico.

Nei soggetti adulti sono consigliate visite di controllo specialistiche con periodicità specifica in rapporto alle condizioni del cavo orale e interventi preventivi mirati per la conservazione dell’articolato dentale. 

La periodicità delle visite di controllo influisce sulla salute del cavo orale. Il numero dei denti diminuisce con il decrescere dei controlli specialistici. I pregressi interventi restaurativi necessitano di controllo e manutenzione periodica.

Ogni quanto tempo è consigliabile effettuare una visita di controllo?

La frequenza degli appuntamenti di rivalutazione e di igiene orale professionale deve essere in rapporto al profilo di rischio di ciascun soggetto. Intervalli di 12, 6, 3 mesi sono raccomandati per pazienti a basso, moderato, alto rischio per carie e malattie parodontali.

Nei pazienti adulti ad alto rischio, la cadenza dei richiami va periodicamente rivalutata.

Quali sono le abitudini da evitare per salvaguardare la salute della bocca?

L’alimentazione e gli stili di vita sono fattori determinanti nella salute generale e in quella specifica del cavo orale. 

L’eccessiva e frequente assunzione di zuccheri semplici è fortemente sconsigliata. Revisioni sistematiche della letteratura hanno dimostrato una evidenza consistente tra il quantitativo di zuccheri ingeriti e lo sviluppo di carie dentarie in tutte le fasce di età.

La perdita di denti è maggiore nei fumatori rispetto ai non-fumatori in ambedue i sessi, soprattutto in virtù del rapporto fumo-malattie parodontali. 

La connessione biologica più plausibile è data dalla distruzione dei tessuti di supporto dei denti. 

La popolazione geriatrica ne è particolarmente colpita come risultato di una cronica esposizione alle tossine. 

Non solo il fumo di sigaretta, ma anche l’uso di qualsiasi altro tipo di tabacco comporta effetti avversi sulla salute orale.

La sospensione del fumo ha dimostrato di poter invertire gli effetti negativi sulle strutture parodontali.

Studi osservazionali in pregressi fumatori sostengono l’evidenza che la cessazione del fumo sia legata a una diminuzione della perdita dei denti. 

Per la prevenzione delle patologie orali è utile, quindi, valutare il livello di rischio individuale che deve essere monitorato nel tempo. Distinguendo i pazienti nei vari livelli, si potrà così elaborare un programma di prevenzione il più possibile personalizzato.

Fluoro, quando e come?

Le linee guida hanno ormai evidenziato come la fluoro profilassi sia necessaria come protezione dalla carie per qualunque individuo. Le evidenze attuali danno maggior credito alla fluoroprofilassi topica post-eruttiva, rispetto alla via sistemica (pastiglie, gocce), privilegiando l’uso di prodotti per l’igiene orale fluorati, tipicamente dentifrici.

La fluoroprofilassi si può iniziare fin dai sei mesi di vita (età in cui spuntano i primi denti da latte).

In commercio sono disponibili dentifrici fluorati, con concentrazioni del principio attivo variabili in funzione della fascia d’età.

Può giovare, per i pazienti maggiormente cario-recettivi, l’applicazione professionale di fluoro ad alta concentrazione, veicolato tramite appositi gel, alla fine delle sedute di igiene orale.

Sigillatura dei solchi e fossette molari, consigliata?

La sigillatura dei solchi e delle fossette dei denti permanenti è fortemente raccomandata.

È stato ampiamente dimostrato come questa procedura preventiva, riduca in modo evidente l’insorgenza di carie, aiutando a rendere la superficie dei denti trattati meno ritentiva per la placca, più facilmente detergibile e di conseguenza meno colpita da processi cariosi.

Sbiancamento dentale esterno

Quando posso fare uno sbiancamento?

Un trattamento cosmetico di sbiancamento dentale può essere consigliato in seguito a un accurato esame delle condizioni delle arcate dentarie e dopo aver sottoposto il paziente a seduta di Igiene orale professionale, nel caso in cui venga riscontrata la presenza e persistenza di una discromia dentale (alterazione del colore) per macchie intrinseche da “invecchiamento dentinale”.

Tale trattamento serve a migliorare l’estetica dei denti, per quanto possibile, attraverso un aumento della luminosità e una diminuzione della cromia; ha inoltre lo scopo di eliminare macchie intrinseche dei denti, che non possono essere eliminate con una semplice seduta di Igiene orale professionale. 

Tali macchie si possono essere accumulate nell’arco della vita con l’assunzione di cibi pigmentanti (caffè, the, cioccolata, vino), abitudini viziate (fumo) o con l’avanzare dell’età per il fisiologico assottigliamento dello smalto dentale e il successivo incremento della dentina sottostante, più visibile in trasparenza.

In che cosa consiste lo sbiancamento?

Lo sbiancamento consiste nell’utilizzare sostanze chimiche sbiancanti (spesso sotto forma di gel) messe a contatto del dente, il cui effetto viene attivato e accelerato mediante una lampada a LED o una luce laser. 

I gel utilizzati per lo sbiancamento dentale professionale in studio odontoiatrico possono essere a base di perossido di idrogeno al 35-38% o perossido di carbammide al 45%.

L’azione diretta della luce della lampada a LED o laser può essere lesiva nei confronti degli occhi e della pelle e pertanto, ai fini della completa sicurezza, durante la procedura devono essere indossati, sia dal paziente che dall’operatore, dall’assistente o da chiunque sia presente nella sede operativa, occhiali di protezione specifici. 

Per poter meglio esporre le superfici dentali e al contempo proteggere le labbra, viene applicato un ausilio meccanico in plastica, detto apribocca. 

Per preservare il tessuto gengivale dagli effetti che tale gel potrebbe su di esso provocare, vengono utilizzate specifiche barriere chimiche foto polimerizzabili o dighe di gomma. 

Quali sintomi possono seguire lo sbiancamento?

Gli effetti indesiderati possono consistere in:
 – lievi e circoscritte irritazioni gengivali (se il gel sbiancante viene accidentalmente a contatto con i tessuti molli) visibili come transitorie e reversibili decolorazioni (macchie bianche) che durano da pochi minuti a qualche giorno;
 – ipersensibilità dentinale, durante o dopo il trattamento sbiancante, ma tale disturbo tende a diminuire fino a cessare o spontaneamente, pochi giorni dopo il del trattamento, o previa gestione del disturbo con gel desensibilizzanti;
 – possibile alterazione dei materiali da restauro (otturazioni);
 – “over bleaching”, che fa assumere al dente un aspetto poroso e gessoso, qualora si volesse esasperare troppo il trattamento sbiancante. 

Posso eseguire sempre uno sbiancamento?

No, esistono delle chiare controindicazioni che devono essere valutate previa visita con odontoiatra e/o igienista:
 – ipersensibilità dentinale preesistente attiva non trattata;
 – grave perdita di smalto;
 – restauri estesi o interessanti i denti del settore frontale (il materiale di otturazione non viene sbiancato);
 – allergia al perossido; controllo di placca insufficiente;
 – fumatori non disposti ad astenersi o a ridurre il consumo di tabacco;
 – forti bevitori di caffè o the;
 – patologie parodontali attive non trattate;
 – presenza di elementi dentali cariati, fratture dello smalto, otturazioni infiltrate;
 – dispositivi ortodontici fissi. 

Come devo comportarmi dopo uno sbiancamento?

Dopo il trattamento sbiancante il paziente deve evitare di fumare e di assumere cibi e/o bevande coloranti per qualche giorno. 

Quanto durano gli effetti di uno sbiancamento?

Il trattamento ha normalmente effetto per 6 -18 mesi, a seconda degli stili di vita e del corretto rispetto dei comportamenti sopra consigliati. 

Le aspettative del trattamento dipendono dalla risposta individuale: generalmente si ottiene un miglioramento di due tonalità di croma (intensità della tinta) all’interno del colore base fisiologico (luminosità) del dente. 

Valida alternativa allo sbiancamento dentale professionale effettuato in studio odontoiatrico è lo sbiancamento dentale domiciliare, con materiale fornito però sempre dallo studio odontoiatrico. Questo sbiancamento consiste nel creare una mascherina che si adatti perfettamente alla dentatura del paziente e nell’inserire all’interno un agente sbiancante con una percentuale di perossido molto inferiore rispetto a quelli normalmente utilizzati per i trattamenti professionali in studio odontoiatrico.

Entrambe le procedure danno buoni risultati; il trattamento domiciliare richiede soltanto una tempistica più lunga rispetto a quello in studio.