Cos’è l’endodonzia
L’Endodonzia è la scienza medica, nell’ambito dell’Odontoiatria, che ha per oggetto i tessuti interni del dente, le patologie e i trattamenti correlati. Quando questi tessuti si ammalano o si danneggiano in modo irreversibile, il trattamento endodontico permette di salvare il dente. In generale l’Endodonzia mira a conservare gli elementi che hanno ricevuto un danno grave alla loro struttura che ha portato all’infezione e alla necrosi della polpa (nervo dentale), con ripercussioni acute o croniche sui tessuti circostanti, più o meno dolorose.
Carie e altre cause di compromissione dei tessuti dentari
La carie è la patologia dentale più frequente ed è considerata una malattia infettiva, in quanto causata dai batteri della placca dentaria. Ad oggi, è considerata la patologia più diffusa al mondo ed è la principale causa di compromissione della salute della polpa.
Quando un dente è colpito da carie, i batteri demineralizzano e distruggono il tessuto duro che lo compone. Man mano che la lesione progredisce, il danno causato aumenta di entità: dallo strato esterno (smalto), può continuare fino a raggiungere i tessuti interni (dentina) e infine la polpa dentaria, sede delle strutture vascolari e nervose. Quando si arriva a questo stadio la cura conservativa che consente di mantenere il dente, evitando quindi l’estrazione, è la terapia endodontica, o cura canalare, impropriamente detta “devitalizzazione”.
La sintomatologia è variabile e non sempre è direttamente proporzionale alla quantità di tessuto coinvolto (da un semplice fastidio al freddo e/o al dolce, al dolore franco, fino all’ascesso). Esistono casi, abbastanza frequenti, in cui carie anche molto estese non danno origine a sintomi di rilievo e vengono perciò diagnosticate tardi, a lesione ormai avanzata (la soluzione è una visita periodica dall’odontoiatra, anche in assenza di sintomi).
Altre cause che possono influenzare l’integrità della polpa del dente sono i traumi (incidenti sportivi, stradali, cadute in genere ecc) oppure l’usura dentale. Essa può essere determinata da diversi fattori, sostanzialmente divisi tra fisiologici (età del paziente) e patologici, cioè causati da abitudini viziate: una spazzolatura eccessivamente aggressiva, l’uso di dentifrici con componenti abrasivi, l’onicofagia (mordersi le unghie) o il bruxismo (digrignare e serrare i denti).
A volte, può essere necessario ricorrere alla terapia endodontica a fini protesici, in quanto la riduzione del dente a moncone per protesi fissa (corone o “capsule”, ponti ecc), porterebbe la preparazione troppo vicino al tessuto pulpare, motivo per cui è più prudente devitalizzare, al fine di evitare infiammazioni o necrosi della polpa in futuro, a protesizzazione già ultimata.
In cosa consiste il trattamento endodontico?
Il trattamento endodontico consiste nella rimozione della polpa infiammata e infetta presente all’interno del dente, per tutta la lunghezza delle radici e nella sua sostituzione con un’otturazione radicolare permanente in guttaperca e cemento canalare, previa adeguata detersione e sagomatura dei canali radicolari.
L’utilizzo della diga in lattice (silicone per gli allergici), come presidio fondamentale per la sicurezza di pazienti e operatori, aumenta anche la predicibilità dei risultati finali dei trattamenti.
Cosa si ottiene?
Il dente non sarà più un serbatoio infettivo. Dopo un’adeguata ricostruzione della corona, potrà continuare a svolgere le stesse funzioni di un dente integro. La percentuale di successo di una cura canalare corretta è, in condizioni normali, elevatissima; diminuisce invece nei casi di ritrattamento endodontico, cioè quando è necessario ripetere la procedura per un insuccesso precedente (errori d’esecuzione, complessità anatomiche, difficoltà obiettive).
Quanto tempo ci vuole?
Le sedute hanno la durata di circa un’ora, il numero di sedute è variabile in funzione della complessità del caso.
Può fare male?
Durante il trattamento endodontico il dolore è sotto controllo grazie all’anestesia locale. Un indolenzimento, che può essere soggettivamente più o meno fastidioso, può essere presente dopo la terapia, ma è facilmente controllabile con un comune analgesico. Raramente, in radici particolarmente infette, può svilupparsi un ascesso con dolore e gonfiore a causa del passaggio di batteri nell’osso che circonda le radici. L’insorgenza di queste complicanze non pregiudica necessariamente il successo del trattamento in corso.
Come devo gestire a casa un dente devitalizzato?
La devitalizzazione comporta la perdita di parte della resistenza del dente, motivo per il quale è consigliabile procedere ad una protesizzazione (intarsi, corone) al fine di aumentarne la longevità. Per il resto, il dente deve essere trattato come un elemento “normale”, tenendo presente che può essere colpito da carie nuovamente e che, per via della rimozione del tessuto nervoso, non potrà dare sintomi o dolore in genere.
Diventa quindi fondamentale una scrupolosa igiene e l’effettuazione di visite periodiche dall’odontoiatra.
Quando non si può fare?
La terapia endodontica non può essere attuata se esistono distruzioni troppo estese a livello delle radici e/o una loro frattura, oppure quando il sostegno osseo intorno alla radice è insufficiente.
Si può effettuare anche sui denti da latte?
La moderna odontoiatria pediatrica raccomanda la conservazione dei denti decidui (“da latte”) fino al momento della permuta naturale. A volte, per denti decidui compromessi in modo importante, la terapia endodontica risulta fondamentale per il mantenimento dell’elemento. Le procedure sono adattate al piccolo paziente: in particolare, i materiali utilizzati per l’otturazione canalare sono diversi da quelli utilizzati nei denti permanenti, al fine di permettere la naturale erosione delle radici del deciduo durante le fasi della permuta.
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